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Il sostegno alle banche deve trasferirsi all'economia reale

di Franco Locatelli

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30 Ottobre 2008

In tempi di straordinaria volatilità le performance della Borsa vanno sempre prese con le pinze, ma il vistoso recupero registrato ieri a Piazza Affari dai titoli bancari segnala che il mercato fiuta che c'è qualcosa di nuovo nell'aria. La possibile riduzione dei tassi anche in Europa è un elemento che dà coraggio ma la novità a cui guarda la Borsa è soprattutto domestica ed è l'attesa per le decisioni sulle banche del Consiglio dei ministri delle prossime ore in vista della Giornata del risparmio. L'orientamento del Governo è quello di integrare le decisioni anti-crisi già assunte nei decreti del 9 e 13 ottobre rimodellando l'intervento dello Stato nelle banche in maniera da rafforzarne il patrimonio senza misure punitive per il management. L'intervento sarebbe collegato al sostegno che il mondo del credito è, a sua volta, chiamato a garantire all'economia reale e in particolare alle piccole e medie imprese, con l'occhio alla liquidità a breve ma anche al medio e lungo termine, come una volta facevano gli istituti di credito speciale come Imi e Crediop.
Ci sarà tempo per approfondire le origini e le responsabilità delle difficoltà che viviamo, ma se oggi l'intervento dello Stato è necessario a rafforzare il patrimonio delle banche e, per questa via, a riattivare i circuiti della fiducia e del sostegno all'economia reale è giusto che ci sia come sta avvenendo in tutto il mondo. In casi come questi il diavolo però si nasconde sempre nei dettagli e quindi bisognerà scrutare in ogni loro aspetto i nuovi provvedimenti anti-crisi del Governo prima di giudicarli. Se tuttavia essi, come pare, esalteranno il carattere transitorio e politicamente neutrale dell'intervento dello Stato per le banche e al tempo stesso il suo stretto collegamento con il finanziamento dell'economia reale saranno benvenuti. Nulla da eccepire se l'intervento dello Stato sarà orientato a rafforzare il patrimonio delle banche quando queste lo riterranno necessario e quando la Banca d'Italia esprimerà il suo consenso e se tutto avverrà senza interferenze sul management e sull'autonomia dei board degli istituti di credito. Però - e questa è la seconda novità della manovra del Governo - chi riceve sostegno dovrà anche darlo.
Il Governo, in linea con quanto hanno fatto gli altri Paesi, è deciso a sostenere le banche senza ingerenze nella loro gestione ma l'onere a carico dei contribuenti si giustifica solo se il mondo del credito fa la sua parte con un ritorno positivo per l'economia reale. Ecco perché l'intervento dello Stato a sostegno delle banche ha un senso se è accompagnato da concreti e immediati programmi di finanziamento delle banche a favore delle imprese. Del resto, questo è quello che stanno facendo all'estero e questo è ciò che a maggior ragione deve fare un Paese come il nostro che cresce meno degli altri e che è, al tempo stesso, più esposto alla recessione e più oppresso dalla pesantezza del debito pubblico.
Di fronte alla spaventosa crisi finanziaria in corso si stanno finalmente riscoprendo le virtù dell'industria e della produzione manifatturiera. L'export italiano ha dimostrato anche nell'ultimo anno e mezzo di saper fare i miracoli e di surclassare molti concorrenti europei, ma il rallentamento dell'economia e del commercio internazionale si sta già facendo sentire anche sul made in Italy ed è per questo che il rilancio della domanda interna diventa ancor più urgente di prima. Se non si vogliono scassare gli equilibri del bilancio pubblico, gli spazi di spesa che lo Stato ha per tonificare investimenti e consumi restano però limitati. Ecco perché è indispensabile che il settore privato faccia la sua parte e che la faccia soprattutto il settore bancario nel momento in cui riceve un decisivo contributo della collettività per uscire dal tunnel. Il cataclisma che sconvolge tutti i mercati e tutti i Paesi del mondo non è destinato a finire domani, ma forse per la prima volta da quando è esplosa la crisi finanziaria la possibilità di attivare anche da noi un circuito virtuoso tra Stato, banche e imprese non sembra una chimera e perfino la Borsa comincia ad accorgersene.

franco.locatelli@ilsole24ore.com

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